martedì 30 agosto 2011

PEDOFILI FUORI DALLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

Il testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (di seguito «TUEL»), all'articolo 59, comma 1, prevede gli istituti giuridici della sospensione e della decadenza di diritto per i soggetti che abbiano riportato una condanna, non definitiva, per uno dei delitti indicati all'articolo 58, comma 1, lettera a), del medesimo testo unico o per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale.
      Si tratta di particolari fattispecie criminose, la cui pericolosità ha indotto il legislatore a comprimere il diritto di elettorato passivo in capo ai soggetti condannati in via definitiva, ovvero a procedere alla sospensione o alla decadenza del loro incarico nel caso di condanne non ancora definitive, al fine di proteggere l'integrità, la trasparenza e l'efficienza dei pubblici uffici da condotte illecite poste in essere
 da soggetti interni all'amministrazione stessa.
      Accanto ai reati contro la pubblica amministrazione e al delitto di associazione di stampo mafioso, tuttavia, sussistono ulteriori figure delittuose di analoga gravità e pericolosità sociali, nei confronti delle quali il TUEL non prevede alcuna sanzione per gli amministratori locali.
      Si fa riferimento, in particolare, ai reati contro la persona che hanno come vittime i minori, quali la violenza sessuale sui minori, la prostituzione e la pornografia minorile, le iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile, disciplinati dagli articoli 600-bis e seguenti del codice penale e dall'articolo 609-quater del medesimo codice.
      I suddetti reati, pur non presentando una diretta connessione con l'attività amministrativa e con l'interesse pubblico strettamente inteso, assumono comunque un notevole disvalore sociale agli occhi dell'opinione pubblica, in quanto la loro gravità ridimensiona la percezione di affidabilità del cittadino nei riguardi dell'amministratore pubblico.
      Si tratta dei delitti che, più comunemente, vengono ascritti alla categoria dei «reati di pedofilia», nei confronti dei quali il legislatore ha previsto una disciplina ad hoc, attraverso la legge 15 febbraio 1996, n. 66 («Norme contro la violenza sessuale»), che ha aggiunto al codice penale i nuovi reati di atti sessuali con minorenne (articolo 609-quater) e di corruzione di minorenne (articolo 609-quinquies) e la legge n. 269 del 1998 («Norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno dei minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù»), che ha introdotto nel nostro codice penale i nuovi reati di prostituzione minorile (articolo 600-bis), di pornografia minorile (articolo 600-ter), detenzione di materiale pornografico (articolo 600-quater) e iniziative turistiche volte allo sfruttamento della prostituzione minorile (articolo 600-quinquies).
      La proposta di legge si muove nella direzione di estendere la portata dell'articolo 59 del TUEL anche alle suddette fattispecie delittuose prevedendo, nelle ipotesi di condanna non definitiva, la sospensione e la decadenza di diritto dalle cariche pubbliche in questione.       L'estensione applicativa ai delitti di pedofilia avviene novellando il comma 1, lettera a), dell'articolo 59 del TUEL, integrando con i reati di cui sopra l'elenco dei reati già previsti dalla norma.
      Per quanto concerne gli incarichi pubblici di consigliere regionale, di assessore regionale e di presidente della giunta regionale, la legge 19 marzo 1990, n. 55, recante «Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale», prevedeva il medesimo istituto della sospensione dalle cariche di consigliere regionale, presidente della giunta regionale e assessore regionale per coloro i quali avessero ricevuto una condanna non definitiva per uno dei delitti di cui agli articoli 314 e seguenti del codice penale, ovvero per il reato di cui all'articolo 416-bis del medesimo codice e per i reati connessi. Tale normativa è stata successivamente abrogata dal TUEL, ma è rimasta in vigore per quanto riguarda gli amministratori e i componenti degli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere e i consiglieri regionali.
      Anche in tale caso, la normativa nulla dispone in ordine alle ipotesi in cui tali soggetti siano oggetto di una sentenza penale di condanna, non definitiva, per un reato attinente alla sfera della pedofilia.
      La proposta di legge interviene, invece, anche su questo aspetto, novellando il comma 4-bis, lettera a), dell'articolo 15 della legge n. 55 del 1990, prevedendo un parallelismo tra la disciplina sanzionatoria applicata agli amministratori locali e quella relativa ai consiglieri regionali e ai componenti degli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.

venerdì 19 agosto 2011

BONUS BEBE': NESSUNA MULTA ALLE FAMIGLIE

La V Commissione,

premesso che:

la legge finanziaria 2006 (legge 266 del 23 dicembre 2005, articolo 1, commi 331-334) ha disciplinato la corresponsione del cosiddetto «bonus bebè» del valore di 1.000 euro per ogni nuovo nato e adottato nel 2005. Tra i requisiti la legge ha previsto il limite di 50.000 euro di reddito complessivo per il nucleo familiare;

la comunicazione alle famiglie è avvenuta mediante lettera firmata dall'allora Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi. Il messaggio personalizzato e il contenuto stesso, rivolto direttamente al nuovo nato citandolo per nome, nonché il tono colloquiale e amichevole utilizzato, hanno indotto le famiglie destinatarie a credere di rientrare nei parametri richiesti per la riscossione del suddetto bonus. Per questo motivo, molti genitori - felici per la possibile provvidenza in arrivo - hanno ritenuto in buona fede perché tratti in errore, che il requisito del limite di reddito fosse da riferirsi all'importo «netto» e non al «lordo»; peraltro, la lettera non suggeriva alle famiglie di servirsi di un CAAF o di un commercialista per verificare il possesso dei requisiti richiesti in merito al reddito;

il contesto descritto ha pertanto indotto circa 8.000 famiglie destinatarie della lettera del Presidente del Consiglio a compilare un'autocertificazione che riportava il reddito netto come putativamente ritenuto, senza consapevolezza alcuna di poter incorrere in una indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato;

nelle scorse settimane - a distanza di cinque anni dai fatti descritti - sono state recapitate alle suddette 8.000 famiglie lettere che contestano l'indebita riscossione del bonus bebè - la missiva, inviata dal MEF - dipartimento della ragioneria generale dello Stato, intima la restituzione dei 1.000 euro «illecitamente» riscossi, oltre al pagamento della sanzione amministrativa (3.000 euro) nel caso sia accertata la violazione del citato articolo 316/ter del codice penale. A tale proposito, la lettera informa che il pagamento dell'importo «a titolo di sanzione amministrativa dovrà essere effettuato solo dopo che il giudice penale si sarà pronunciato in merito alla punibilità della falsa autocertificazione»;

le famiglie coinvolte stanno vivendo giorni di grave ansietà per il rischio di incorrere in un reato penale e relativa sanzione, sebbene abbiano agito in totale buona fede;

le condizioni economiche delle famiglie italiane sono progressivamente peggiorate a causa della crisi internazionale;

la risposta del Sottosegretario Giovanardi, resa in Commissione affari sociali in data 21 luglio 2011, all'atto di sindacato ispettivo 5-05150, precisa che «tali famiglie sono tenute a restituire esclusivamente la somma indebitamente percepita, senza alcuna maggiorazione a titolo di interesse o di sanzione, salvo che il fatto abbia determinato una condanna penale»;

il presunto reato riferito all'articolo 316-ter del codice penale è in procinto di essere prescritto (e in alcuni casi lo è già),
impegna il Governo:
tenuto conto delle circostanze accertate di fatto, che avvalorano l'errore putativo sopra descritto, ad assumere ogni iniziativa utile affinché gli uffici territoriali della ragioneria generale dello Stato provvedano alla acquisizione dei soli 1.000 euro. 

PRESENTE NEL 97,36% DELLE SEDUTE PARLAMENTARI


venerdì 5 agosto 2011

PROPOSTA DI LEGGE DI MODIFICA DELL'ARTICOLO 81 DELLA COSTITUZIONE

 L’articolo 81 della Costituzione è sostituito dal seguente:
« ART. 81. – Le spese dello Stato e degli altri enti pubblici sono informate al criterio dell’economicità. Esse, in ragione d’anno, non possono comunque essere superiori alle rispettive previsioni di entrata iscritte nel bilancio di previsione. Le Camere esaminano ogni anno il bilancio dello Stato, il bilancio consolidato della pubblica amministrazione e i rendiconti consuntivi finanziari e patrimoniali presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
Il contenuto dei bilanci e dei rendiconti dello Stato e dei soggetti pubblici, nonché i limiti delle leggi ordinarie e di bilancio e dei relativi emendamenti in materia di spesa e di entrata sono disciplinati, secondo criteri di uniformità per i vari settori di spesa, con apposita legge dello Stato. Essa non può essere modificata,
abrogata o derogata da leggi che contengono disposizioni in materia di spesa o di entrata. I princìpi contenuti in tale legge si applicano ai Comuni, alle Province e alle Regioni.
Ogni legge che stabilisce nuovi o maggiori tributi è approvata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera.
Il Governo, quando ritenga che una legge regionale comporti il peggioramento dell’equilibrio annuale e pluriennale dei conti dello Stato e delle amministrazioni pubbliche definiti dalla legge di bilancio, può promuovere conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione della legge regionale.
Non possono essere approvati leggi o emendamenti che comportano nuove o maggiori spese quando il Governo si oppone. Nel caso in cui dall’attuazione di leggi, regolamenti o decreti, ovvero di sentenze
definitive di organi giurisdizionali o della Corte costituzionale derivino spese nel complesso superiori a quelle indicate nella legge di autorizzazione, queste sono proporzionalmente ridotte entro i limiti del preventivo.
Per leggere il testo integrale cliccare sul link
http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stampati/pdf/16PDL0051350.pdf

ECONOMIA DI SOPRAVVIVENZA


 Gli Stati Uniti non sono riusciti a produrre una nuova «bolla»: hanno gettato la spugna e hanno raggiunto l’accordo anti-default, introdotto da un vero dramma politico, per riconfermare l’anima liberista, ma responsabile, del Paese. Cosa significa innalzare il tetto del debito pubblico? Significa essenzialmente nazionalizzare il debito dei privati, per i quali era divenuto insostenibile. Ma significherà anche inflazione, più tasse e svalutazione del dollaro. I rating sull’economia americana peggioreranno e il costo del debito crescerà.
Siamo di fronte a scelte economiche di sopravvivenza, senza prospettiva, non convinte e non convincenti. Regna l’incertezza sul reale funzionamento del mercato globale, e così, sul breve termine, ognuno pensa a se stesso. Nei Paesi europei si evidenziano disaccordi su come — al contrario di quanto avvenuto negli Stati Uniti — privatizzare il debito pubblico, usando il risparmio, ancora consistente, dei cittadini. La soluzione, alla fine e per entrambe le aree economiche, non sarà altro che un ruolo dello Stato ancora più preminente, con la conseguenza di tasse più alte. Si direbbe quasi che i sistemi politici vogliano far rimpiangere ai cittadini i mercati protetti e riversare su di loro il costo di venti anni di crescita fittizia.
Non molto tempo fa, si facevano progetti economici per fare politica. Poi si è fatta politica per fare progetti economici. Oggi sembra che si vogliano inventare falsi progetti economici senza nemmeno fare più politica. In alcuni Paesi si pensa persino di imporre una sorta di tassa patrimoniale pur di avere risorse da continuare a dissipare in mancanza di una vera progettualità. È come se un medico, per arrestare il sangue di una ferita, tagliasse l’arto lesionato. O come se, per sembrare più ricca, una Nazione arrivasse a vietare di fare figli, facendo così crescere temporaneamente il pil pro capite.
Separata dai riferimenti etici e assumendo autonomia morale, l’economia finisce in mano a persone che trasformano i suoi meccanismi in strumenti di potere, anche politico. Per parafrasare l’enciclica di Giovanni Paolo II Sollicitudo rei socialis, queste persone detengono strumenti sofisticati, ma non dispongono di maturità e saggezza sufficienti per pensare al bene comune.
Come possa la politica venire a capo di questa situazione non è affatto chiaro e le difficoltà sono numerosissime. La soluzione dei problemi economici esigerebbe una politica di austerità a lungo termine. Ma questa è una strategia impopolare e fa rischiare la sconfitta alle elezioni di chi voglia attuarla. La minaccia è allora quella di scelte popolari in chiave elettorale, ma non risolutive sul piano economico. In Europa l’esigenza di governare la moneta unica impone regole equivalenti per contesti molto diversi e non omogeneizzabili, con il rischio di produrre soluzioni non sostenibili e di aggravare le eventuali crisi politiche. La disoccupazione incombente nei Paesi a economia matura è frutto di debolezze competitive dovute alla delocalizzazione, attuata per consumare di più e a buon mercato. Per migliorare il tasso di occupazione si dovrebbe rilocalizzare in patria le produzioni. E ciò significherebbe, a breve, vantaggi per i produttori, ma forti svantaggi per i consumatori.
Ci si può chiedere se tutti questi problemi siano veramente la conseguenza della crisi economica di oggi, oppure se stiamo solo subendo gli effetti di una crisi precedente, che economica non è, ma che ha prodotto effetti economici. In realtà, la vera crisi il mondo occidentale l’ha creata, vissuta e nutrita accettando l’idea di un uomo da soddisfare solo materialmente.
Ettore Gotti Tedeschi
http://www.osservatoreromano.va/portal/dt?JSPTabContainer.setSelected=JSPTabContainer%2FDetail&last=false=&path=/news/editoriali/2011/178q11-Economia-di-sopravvivenza.html&title=Economia%20di%20sopravvivenza&locale=it

mercoledì 3 agosto 2011

L'ASSESSORE RUSSO SI DEVE DIMETTERE

Sanità. Il Pdl chiede le dimissioni di Russo: " E' ora di smetterla con la sua politica di proclami e promesse disattese"
“Dall’articolo pubblicato oggi su “La Repubblica”, edizione Palermo, proviene l’ennesima bocciatura della sanità in Sicilia, ed è quindi ormai improcrastinabile che l’Assessore Russo la smetta con la sua politica di proclami e promesse disattese e rassegni finalmente le sue dimissioni. La sanità in Sicilia si nutre di sprechi, carenze ed inefficienze, derivanti non solo dai tagli indiscriminati, ma anche dal protrarsi delle logiche clientelari e dell’inesistente capacità di programmazione e di incentivazione delle eccellenze. L’esito negativo della valutazione relativa a tutti gli indicatori socio-sanitari ed assistenziali, è la palese dimostrazione del disastro in cui versa la sanità e a distanza di più di due mesi dalle nostre richieste avanzate durante il question time, la situazione non solo non è cambiata ma è addirittura peggiorata, scivolando inesorabilmente verso il baratro”. Questa la dichiarazione congiunta dei deputati siciliani del Pdl Nino Germanà, Giuseppe Marinello, Alessandro Pagano, Vincenzo Garofalo, Vincenzo Fontana, Salvatore Torrisi, Basilio Catanoso, Nicola Cristaldi, Gabriella Giammanco, Vincenzo Gibiino, Enrico La Loggia, Nino Minardo, già firmatari dell’interrogazione a risposta orale rivolta al Ministro Fazio.

martedì 2 agosto 2011

SI VINCE SOLO CON UN NUOVO PATTO SOCIALE

Il governo e la maggioranza vogliono dare un forte segnale di responsabilità dal punto di vista politico «e noi ci auguriamo che si evitino demagogia e qualunquismo». Per il deputato Pdl e vicepresidente della commissione Bilancio di Montecitorio, Giuseppe Marinello, «c’è bisogno di un atto di autorità e consapevolezza. Noi ce lo aspettiamo dall’opposizione perché deve essere classe dirigente. E si dà prova di esserlo anche quando si è all’opposizione e non quando si è al governo. In vista dell’incontro con le parti sociali ci auguriamo che tutti si rendano conto delle difficoltà che attraversano il mondo e il nostro Paese. I tempi della lotta di classe e dello scontro sociale sono passati. Bisogna quindi puntare a forti politiche di coesione che devono avere come fermo punto di riferimento le evoluzioni del pensiero. Anche dal punto di vista culturale non dobbiamo tornare indietro».

Onorevole Marinello, all’impegnativa due-giorni si arriverà con l’apertura a un “tavolo facilitatore” auspicato dal ministro del Welfare Maurizio Sacconi che ha illustrato una road-map in cinque punti per «accelerare i cambiamenti che servono alla crescita». È una buona base per l’impostazione del dialogo? 

Assolutamente sì. Sappiamo tutti che in Italia c’è una pressione fiscale incredibile e quindi provare a diminuirla vuol dire avere maggior disponibilità economica non solo per le famiglie ma soprattutto per quelle imprese che devono investire in internazionalizzazione, ricerca e sviluppo.

Che idea si è fatto di questa prima riflessione di Sacconi? 

Io addirittura penserei di estendere il concetto di riforma fiscale partendo da uno dei tabù della burocrazia che si è sempre preoccupata nel nostro Paese di gestire la politica fiscale e tributaria.

Qual è? 

È sempre stata restia al sistema del “controllo del controllore” all’americana. Noi dobbiamo andare in questa direzione per puntare a un’efficace lotta dell’evasione. Tutto ciò potrebbe portare un maggior gettito con il recupero di fasce considerevoli di evasione rafforzando il sistema nella logica di una riforma complessiva.

La prima fase del processo di internazionalizzazione è l’esportazione dei propri prodotti all’estero…

È ovvio che dobbiamo andare anche a sostenere l’esportazione dei nostri prodotti ma a questo obiettivo si può arrivare dopo un confronto serio con le parti sociali. Dobbiamo pensare anche al nostro sistema produttivo. Non possiamo essere il Paese che paga un costo energetico maggiore rispetto agli altri per le scelte fatte e anche confermate dal recente referendum, avere un costo del lavoro più alto e contemporaneamente pensare di battere gli altri Paesi sul piano della concorrenza.

Che cosa bisogna fare? 

Dobbiamo ritrattare l’intera questione con una sorta di patto sociale ma bisogna anche capire che non possiamo fare una concorrenza dal punto di vista della quantità: bisogna andare o a elaborare prodotti di alta tecnologia o esaltare prodotti di nicchia della nostra specificità che invece contengono alto valore aggiunto.

Poi? 

Poi ovviamente lanciare una stagione di privatizzazioni vere. Su questo tema dobbiamo ragionare bene: il nostro Paese da questo punto di vista è abbastanza “strano”.

Perché? 

In genere si vuol privatizzare tutto ciò che non ci riguarda ma quando ci si avvicina a qualcosa “alla nostra portata” allora notiamo strane reazioni.

Per esempio? 

L’ultimo referendum sull’acqua. Con la legge Ronchi si erano iniziate a introdurre, in maniera seppur assolutamente attenuata, una serie di norme che riguardavano la privatizzazione. Poi la risposta referendaria (della quale logicamente prendiamo atto) ha introdotto una serie di freni al processo che si stava attuando. Anche su questi temi dobbiamo avviare un confronto serio con proposte concrete perché non possiamo limitarci a enunciazioni di principio senza sapere cosa, come e quando privatizzare.

Altro punto: le liberalizzazioni…

Tutti si riempiono la bocca di belle parole ma molto spesso non si riesce a capire dove si vuol andare a parare. Non sono convinto che ciò che funziona in altri Paesi debba essere mutuato all’italiana in maniera speculare. Ci sono settori in cui bisogna avviare in maniera rapida una serie di riforme da fare non contro l’esistente. In periodo di crisi andando a destrutturare e quindi ad aggredire un sistema che nell’arco di decenni ha garantito tenuta e crescita, in un periodo di crisi tutto ciò può rappresentare un rischio perché alla fine non si vanno a fare gli interessi del Paese. A mio avviso bisogna ragionare con e non contro le categorie per individuare grazie alla legislazione vigente quali aperture poter considerare.

Un altro input di Sacconi tratta di banche e finanza d’impresa…

Il sistema bancario italiano è accusato di essere arretrato. Ma forse questa è la sua forza.

In che senso? 

La caratteristica che forse altri Paesi non hanno riguarda la sua solidità. Non è da escludere che la credibilità e la tenuta derivino proprio da quella arretratezza del sistema stesso. Quindi, in termini assoluti, può addirittura essere considerata un valore aggiunto.

Accanto agli input che cosa è necessario far capire agli italiani e soprattutto all’Europa? 

Bisognerebbe andare a ritrattare la partecipazione del nostro Paese all’Unione europea e non solo in termini di possibilità di sforare il rapporto Pil debito pubblico e quindi rivedere il patto di stabilità ma anche di ritrattare il nostro modo di essere in Europa. Da una parte non è pensabile gestire la moneta unica e tante politiche economiche diverse e tra loro anche conflittuali, dall’altra non possiamo pensare che il sistema Europa sia tanto rigido da pretendere di poter regolare o di preordinare la vita di ciascuno di noi.

Quali sarebbero le basi dalle quali ripartire?

Secondo me va rilanciata un’idea Europa che debba basarsi principalmente su identità e valori e non su regolamenti. Fino ad ora c’è stata un’idea molto burocratica. Ricordo le polemiche sui temi fondanti della Costituzione europea che contiene tutto tranne i valori fondanti che sono alla base della cultura occidentale e cristiano-cattolica.  

MEDAGLIA AL MERITO DIPLOMATICO CONFERITAMI DALLA REPUBBLICA DI TAIWAN

Sono fiero e orgoglioso di condividere con voi questa gioia.  Medaglia al merito diplomatico conferitami dal Ministro degli Affari Esteri...