sabato 30 luglio 2016

QUESTIONE ILVA: INTERVENTO IN AULA

Seguito della discussione e approvazione del disegno di legge: (2483) 
Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 9 giugno 2016, n. 98, recante disposizioni urgenti per il completamento della procedura di cessione dei complessi aziendali del Gruppo ILVA


MARINELLO (AP (NCD-UDC))
Signora Presidente, siamo all'esame dell'ennesimo decreto-legge riguardante la questione dell'ILVA e questo fatto è, già di per sé, assolutamente anomalo.
I contenuti del decreto-legge sono stati ampiamente illustrati in discussione generale. Il decreto sinteticamente riguarda la questione delle procedure di cessione a terzi, affronta i diritti essenziali della tutela della salute, della tutela dell'ambiente e della tutela del lavoro. Cura, tra l'altro, con particolare attenzione la questione della restituzione degli importi erogati e, quindi, in un certo qual modo, avvia e rafforza quelle procedure che sono tendenti all'affidamento a terzi dello strategico impianto sotto forma di vendita, di affitto o di cessione di altra natura. L'obiettivo fondamentale nell'interesse del Paese credo sia quello di avviare una seria riconversione e rimodernizzazione degli impianti, curando evidentemente in maniera particolare i principi della tutela della salute e dell'ambiente e, ovviamente, la salvaguardia e le garanzie occupazionali che devono riguardare non soltanto gli occupati dell'ILVA, ma anche di tutte le aziende che lavorano nell'indotto.
Questo è in spiccioli il contenuto sostanziale del decreto-legge. 
Non posso che anticipare il voto favorevole del mio Gruppo, perché ci rendiamo conto che oggi la questione dell'ILVA è arrivata ad un punto di non ritorno e, quindi, evidentemente, bisogna continuare ad affrontarla e gestirla proprio perché un complesso così grande, il più grande complesso siderurgico d'Italia, il complesso siderurgico più importante d'Europa non può assolutamente essere mandato al macero.
Detto questo, vanno pur fatte alcune riflessioni. Innanzitutto una prima riflessione che bisogna fare è che la politica e il Parlamento non si sono mai interrogati e non si sono mai dati una risposta compiuta sulla questione ambientale di Taranto; una questione ambientale che non è ascrivibile esclusivamente o principalmente agli impianti dell'ILVA e, devo anche dirlo, pur in contro tendenza con la maggior parte dei presenti, alla famiglia Riva.
Intanto ricordo a me stesso che quando questo gruppo industriale venne consegnato dall'Italsider alla famiglia Riva, esso non era dal punto di vista tecnologico e ambientale il migliore impianto d'Europa. Quindi, evidentemente, si partiva già da una situazione ambientale e gestionale gravemente compromessa. Abbiamo però anche il dovere di dire e di riconoscere che oggi la questione ambientale di Taranto riguarda altre aziende importanti come l'ENI, ma riguarda anche lo Stato italiano perché, prima o poi, ci dobbiamo interrogare sulla gestione del bacino militare, gestito dalla Marina militare; ci dobbiamo interrogare prima o poi anche sulla gestione di quella cantieristica militare e, quindi, di quella attività di ricovero e demolizione dei natanti militari che viene gestita dal Ministero della difesa. Pertanto, affrontare la questione ambientale di Taranto, ascrivendola esclusivamente all'ILVA, è sicuramente un errore.
Non possiamo poi sottacere anche una nostra nota critica perché evidentemente, pur nella positività di questo decreto-legge che andremo a votare, dobbiamo riconoscere che è arrivato il momento di affrontare in maniera definitiva e ultimativa le questioni dell'ILVA e di Taranto. Infatti, tutto sommato, abbiamo composto una serie di atti consequenziali l'uno con l'altro, ma sicuramente parziali, mentre, a mio avviso, si sarebbe dovuta affrontare la questione in maniera complessiva.
Le lacune di questo provvedimento non sono evidenziate soltanto da noi, ma anche a livello europeo. Sappiamo, infatti, che c'è una seria e forte indagine della Commissione europea che riguarda principalmente due aspetti. Riguarda il tema degli aiuti di Stato perché c'è il fondato sospetto che queste successive erogazioni e, in particolare, l'ultima erogazione da 300 milioni potrebbe anche non essere restituita e quindi potrebbe anche gravare definitivamente sulle casse dell'erario, senza sciogliere i nodi dell'aiuto di Stato. C'è anche un'approfondita indagine dell'Unione europea sulle tematiche ambientali, in quanto quelle oggi presenti a Taranto e nello stabilimento dell'ILVA sono di tale portata da meritare un'attenzione di tal genere. Soprattutto l'Unione europea ci chiama a risolvere la questione fondamentale che risponde al noto principio del chi inquina paga. Chi allora deve pagare l'inquinamento e il disastro ambientale prodotti nell'arco di questi decenni in quel sito industriale? Chi dovrà affrontare tale questione se, come dicevo prima, il disastro ambientale è datato, trae le sue origini dalla gestione Italsider, è continuato sotto la gestione privata del Riva e non è stato risolto dalle gestioni commissariali che, tra l'altro, hanno ottemperato a norme di legge e hanno lavorato grazie ad un mandato del Governo e del Parlamento? È una questione molto complessa e articolata che si complica ulteriormente perché c'è la reale perplessità che un'insolvenza dell'azienda possa mettere a repentaglio la restituzione dei 300 milioni.
L'altra questione fondamentale che induce a particolare prudenza è relativa alle immunità. Se, da un lato, ci convince l'idea che, di fronte ad una situazione straordinaria, possa essere assunta una decisione straordinaria, ovvero quella di conferire un livello di immunità penale a chi dovrà gestire per i primi tempi l'impianto, andando in deroga alle procedure non solo di natura ambientale, ma anche alle rifluenze di natura penale, ci sorprende che, dall'altro, non si sia posto un limite o non si sia definito meglio il confine di questa immunità. Oggi non siamo in grado di stabilire per quale periodo, per quante persone e per chi vada esteso questo criterio dell'immunità. Riguarderà soltanto l'acquirente, solo l'amministratore delegato o gli eventuali esecutori di disposizioni altrui? Riguarderà 20 o 30 persone? Di fatto, stiamo introducendo un istituto giuridico assolutamente innovativo che io non critico nel principio, ma che, a mio avviso, si sarebbe dovuto scrivere in maniera diversa. La storia di questo decreto-legge è conosciuta. È un decreto-legge tenuto a lungo in un ramo del Parlamento. Questioni come queste non sono state affrontate e altre ne sono state introdotte. Mi riferisco a un emendamento, inserito in sede di conversione alla Camera dei deputati, che pone un'attività di monitoraggio e di mappatura dei rifiuti pericolosi e radioattivi in capo alla gestione commissariale senza affrontare la questione della relativa copertura finanziaria. Da questo punto di vista abbiamo anche delle perplessità sulla legittimità di questo decreto-legge che almeno per questo profilo specifico, potrebbe essere privo della debita copertura finanziaria.
Oggi abbiamo il dovere di rappresentare queste perplessità al Parlamento e al Paese. In ogni caso, annunzio il voto favorevole perché, nel calcolo del bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno, ci rendiamo conto che è necessario continuare sulla strada che il Parlamento e i Governi che si sono susseguiti hanno intrapreso da tempo. Facendo parte di una maggioranza, ci rendiamo conto che, talvolta, il dovere e le responsabilità ci fanno fare delle cose anche se non ci piacciono. (Applausi dal Gruppo AP (NCD-UDC)).


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