mercoledì 22 febbraio 2017

INPS: GLI EFFETTI DISASTROSI DELLA LEGGE SULLE UNIONI CIVILI

Premesso che a quanto risulta all'interrogante da un articolo de "la Repubblica" del 15 febbraio 2017 si apprende delle difficoltà economiche nella gestione del bilancio Inps;
considerato che:
la preoccupazione per la tenuta dei conti dell'Inps discende anche da un'ulteriore questione non di secondaria rilevanza. L'approvazione nel 2016 della legge sulle unioni civili (legge n. 76 del 2016) può comportare per il futuro danni collaterali irreversibili per la tenuta dell'ente previdenziale;
a quanto si apprende da un articolo de "La verità" del 10 febbraio 2017, attraverso una rielaborazione delle stime fornite dall'Inps e dalla Ragioneria dello Stato, le pensioni indirette e ai superstiti di coppie tra persone dello stesso sesso costeranno all'Erario oltre un miliardo, da qui al 2050;
inoltre, l'estensione alle coppie omosessuali delle detrazioni per il coniuge a carico graverà sulle tasche dei lavoratori per altri 99,2 milioni di euro, da oggi al 2025; altri 5,8 milioni di euro dovrebbero essere stanziati in 10 anni per l'assegno al nucleo familiare delle coppie dello stesso sesso;
queste stime partono da previsioni che prendono come base di partenza le 65.000 unioni gay censite in Germania nel 2011; secondo l'ipotesi effettuata, in Italia si arriverà ad un sistema a regime unicamente nel 2035, con 50.000 coppie gay legate stabilmente. Ma questo dato non può essere che parziale, in quanto non tiene conto di eventuali distorsioni o abusi incentivati dalle previsioni della legge sulle unioni civili;
di fatto, ad oggi, chiunque può andare dinanzi all'ufficiale di stato civile, dichiararsi gay, anche se non lo è, e formare un'unione omosessuale. Potrebbe avvenire tra due amici, una badante ed una signora assistita: in tal modo, il superstite, potrebbe intascarsi la pensione a carico del contribuente, dopo aver già beneficiato delle detrazioni per il coniuge a carico o dell'assegno familiare; nella legge non sono posti limiti alle fantasie dei truffatori;
in ogni caso, la spesa per queste pensioni di reversibilità aggiuntiva è destinata a crescere e non sembra che la copertura finanziaria sia idonea. Al momento dell'approvazione della legge sulle unioni civili, il testo prevedeva una copertura dai 3,7 milioni di euro per il 2016 fino ai 22,7 per il 2025 per un totale, nei prossimi 10 anni, di 130 milioni di euro. Leggendo la relazione tecnica che accompagna la legge sulle unioni civili, si scopre che gran parte di questi 130 milioni di euro è destinata agli sgravi Irpef per il "coniuge" omosessuale a carico. Per le pensioni di reversibilità la cifra stanziata è assai inferiore: si va da 100.000 euro per il 2016 a 6,1 milioni per il 2025, per un totale in 10 anni di soli 25,3 milioni di euro;
diverse proteste circa la copertura finanziaria del provvedimento sono state avanzate già durante l'approvazione del testo in Senato; in quel caso la fretta del Governo pro tempore e l'apposizione della questione di fiducia non permisero valutazioni approfondite sul tema;
ai tempi della discussione in Senato, il senatore Lucio Malan, senatore di Forza Italia, depositò presso la 5a Commissione permanente (Programmazione economica, bilancio) una relazione alternativa a quella del Governo, in cui stimava il costo totale di questi matrimoni in 4,5 miliardi di euro nei primi 10 anni, di cui circa 3,7 per le pensioni di reversibilità. Il calcolo diverso dei costi si basava sul fatto che attualmente si spendono circa 55 miliardi di euro per la reversibilità. Secondo un'indagine Istat, il 6,7 per cento della popolazione ha risposto a un questionario del 2012, dicendo di essere omosessuale/bisessuale, ma solo il 2,4 per cento lo ha dichiarato pubblicamente. Calcolando il 6,7 e il 2,4 per cento di 55 miliardi si dimostra facilmente che la reversibilità nei prossimi 10 anni costerà tra gli 1,32 e i 3,69 miliardi di euro, e non 25 milioni. Che la copertura di bilancio per questa legge fosse manifestamente sottostimata e calcolata in modo incongruente, emergeva sempre dalla relazione governativa, nel momento in cui per le detrazioni per il coniuge a carico si stimavano 67.000 unioni civili in 10 anni, mentre a proposito di reversibilità, la cifra scendeva inspiegabilmente e magicamente a 30.000;
un altro "errore" macroscopico contenuto nel testo, a parere dell'interrogante, lo ha fatto notare il senatore Maurizio Sacconi. Le regole di contabilità pubblica richiedono per la spesa previdenziale una proiezione degli oneri ad almeno 10 anni, in quanto devono essere stimati nel momento in cui se ne dispiegano compiutamente gli effetti. Effetti che in questo caso si manifesteranno quando la nuova platea dei beneficiari raggiungerà il tasso medio di mortalità. Ed è evidente che considerando solo i prossimi 10 anni, per fortuna, pochi sono i decessi previsti con le conseguenti pochissime prestazioni. In sostanza, il Governo ha stimato un'età media delle coppie che ricorrono all'unione civile inferiore ai cinquant'anni. In questo modo ha spostato il peso economico della reversibilità, perché si presume che un quarantenne viva ormai fino a 80 anni. Quindi il superstite inizierà a ricevere la pensione del compagno non prima del 2045. La realtà, invece, è ben diversa. A unirsi con il nuovo istituto saranno soprattutto coppie sopra i 50 anni e quindi le prestazioni di reversibilità inizieranno ben prima di quanto previsto dal Governo;
inoltre, l'allargamento imponderabile della platea dei beneficiari determinerà oneri che sono stati ampiamente sottovalutati e che aumenteranno quando la Corte costituzionale italiana non potrà che accogliere il ricorso di quanti segnaleranno la disparità di trattamento con le stabili convivenze eterosessuali, magari con figli;
anche il firmatario del presente atto, durante il dibattito in Aula sulle unioni civili, segnalò una dimenticanza rilevante contenuta nel testo votato. Infatti, sempre in merito agli aspetti previdenziali, la reversibilità che questo testo ha inserito è soltanto parziale, perché non riguarda tutti gli Italiani, ma solo una parte, cioè tutti coloro i quali hanno una copertura previdenziale da parte degli istituti pubblici, dell'INPS e dall'ex amministrazione INPDAP. Resterebbero fuori da questo diritto tutti gli Italiani che, invece, hanno una copertura previdenziale con le cosiddette casse autonome. Quindi, da questo punto di vista, i casi sono due: o la legge prevede che si applichi ai professori, agli impiegati, ai magistrati e non ai giornalisti, agli architetti e medici, oppure si tratta di una grave dimenticanza, in quanto non è prevista una specifica copertura;
considerato, inoltre, che:
la Corte dei Conti, recentemente, ha fotografato il deterioramento della solidità finanziaria dell'Inps: nella relazione sul bilancio 2015 dell'Istituto di previdenza, i magistrati contabili scrivono che "sul versante economico patrimoniale si assiste a una situazione in peggioramento rispetto al precedente esercizio. Lo scostamento tra i saldi finanziari e quelli economici è dovuto principalmente all'andamento dei residui attivi". La Corte sottolinea che l'esercizio 2015 si è chiuso con un risultato economico negativo per 16,3 miliardi, "condizionato da un accantonamento al fondo rischi crediti contributivi per 13,09 miliardi. In conseguenza di ciò, il patrimonio netto si attesta su 5,87 miliardi, con un decremento sul 2014 di 12,54 miliardi". Ma a questo punto i magistrati contabili anticipano un effetto a valere sul 2016, notando che "per effetto di un peggioramento dei risultati previsionali assestati del 2016 (con un risultato economico negativo che si attesta su 7,65 miliardi) il patrimonio netto passi, per la prima volta dall'istituzione dell'ente, in territorio negativo per 1,73 miliardi". Andando ancora oltre nel tempo e scontando il bilancio di previsione per il 2017 adottato dal presidente il 27 dicembre 2016 e in corso di approvazione da parte del Civ (Consiglio di indirizzo e vigilanza), mostra un risultato economico di esercizio negativo per 6,152 miliardi e un patrimonio netto che si attesta a meno 7,863 miliardi;
i magistrati scrivono che la "movimentazione del patrimonio netto nel 2015, mostra con evidenza il peso che deriva da risultati economici negativi condizionati dal forte incremento dei crediti svalutati perché a rischio di realizzabilità";
questa denuncia da parte dei giudici contabili sarebbe stata stigmatizzata dal Ministro del lavoro, Giuliano Poletti, il quale ha sottolineato un generale quadro di tenuta del sistema: "Il sistema è assolutamente sostenibile" riferisce dice ai giornalisti che chiedevano conto delle preoccupazioni dei magistrati contabili, "Oggi non sono previsti interventi perché le risorse che fanno fronte alle situazioni che le leggi prevedono in termini di costi sono già definite dalla legge di bilancio, che garantisce la copertura di queste situazioni";
il presidente dell'Inps, Tito Boeri, ha definito tali preoccupazioni come "fuori luogo". Si tratta, a suo avviso, di una mera questione contabile, in quanto il disavanzo deriva da ritardi nei trasferimenti dello Stato che vengono anticipati dall'Inps e poi ripianati di nuovo dallo Stato stesso;
in ogni caso, come ribadito dalla stessa Corte, non sembra più procrastinabile "una riforma della governance dell'Inps che parta dalla revisione di funzioni e compiti dei tre principali organi - di indirizzo e vigilanza, di rappresentanza legale dell'ente, di indirizzo politico-amministrativo - che, insieme al direttore generale, compongono quel particolare assetto duale disegnato dal legislatore per gli enti previdenziali pubblici";
in questo clima di incertezza sulla solidità dei conti dell'ente previdenziale, sembra assurdo e paradossale, a giudizio dell'interrogante, elargire ulteriori spese senza un'adeguata attività istruttoria; soprattutto, sembra che le coperture economiche siano manipolate ad arte, per la pura e semplice convenienza politica di parte. Purtroppo con i conti dello Stato non si scherza, in quanto si rischia di fornire unicamente macerie alle generazioni future,
si chiede di sapere:
se non sia opportuno predisporre un'indagine, al fine di acquisire dati certi sulla esatta quantificazione della popolazione che andrebbe a beneficiare delle misure previste dalla legge sulle unioni civili, in modo tale da predisporre una copertura adeguata agli esborsi economici che l'INPS dovrà sostenere nel prossimo futuro;
al fine di evitare ulteriori contenziosi estremamente gravosi per l'Erario, se non sia opportuno prevedere l'estensione delle suddette misure pensionistiche e di sostegno al reddito anche a coloro che hanno una copertura previdenziale con le cosiddette casse autonome o a coloro che istituiscono stabili convivenze eterosessuali, disciplinate dalla medesima legge, per evitare disparità di trattamento sia tra categorie di lavoratori all'interno della medesima unione sia fra unioni diverse dal matrimonio.

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